Un paio di mesi fa, ho scritto dila poesia per un cagnolino romano di nome Margarita ("Perla"), la cui splendida iscrizione sono riuscito a visitare al British Museum.
Il testo dell'iscrizione - commovente, personale e affettuoso - è stato nella mia mente da allora.
Diverse settimane fa, ho rivisitato l'iscrizione, quando sono stato sempre più incuriosito dal riferimento esplicito della poesia alassenza di violenza e crudeltà dalla vita spensierata e ben protetta di Margarita.
C'è altro da esplorare, tuttavia.
Un aspetto a cui non avevo pensato prima, ma che lo erospinto a considerare più di recente, è legato alla conclusione del poema: una conclusione che io, chiaramente priva di empatia e delicatezza di sentimento, non trovai allora così notevole:
ma ero già gettato a sinistra dal destino alla nascita
che la terra ora copre sotto un piccolo marmo.
Ma ho già incontrato il mio destino, abbattuto durante il parto nefasto: io, che la terra ora copre sotto questa piccola targa di marmo.
La morte – anche la morte sottocircostanze particolarmente commoventi– è un talecaratteristica onnipresentedelIscrizioni in versi latiniche, a volte, sembra causare un certo intorpidimento nel mio cervello (oltre al suo normale intorpidimento, cioè).
Da una prospettiva accademica insensibile, ci sono due cose che sono chiare sulla morte di una madre durante il parto: in primo luogo, era un evento significativamente più comune nel mondo antico di quanto non lo sia ora nelle società moderne; in secondo luogo, nonostante tutto il suo potenziale violentemente traumatico, la morte durante il parto è amotivo principale ricorrente del racconto (antico e moderno)– fornendo una narrazione che funziona come una controparte femminile al tema dell'abbandono paterno.
Da una prospettiva premurosa, umana e semplicemente umana, ovviamente, è difficile pensare a uno scenario in cui le gioie tanto attese della giovane genitorialità e gli orrori del lutto e dell'impotenza si intrecciano a un livello ancora più alto.
Ci sono diverse iscrizioni latine che lasciano intravedere questo scenario da incubo.
Un'iscrizione di Salona/Solin in Dalmazia, ad esempio, menziona i dolori di quello che si rivelò essere un parto mortale e senza successo (CILIII 2267 cfr. P. 2260):
D(è) M(s) | Il coniuge di Candida era ben pagato per l'anno(i) p(lus) m(inus) 30 qu(a)e me|quando visse l'anno(i) p(lus) m(inus) VII | che è stata torturata per partorire in 44 giorni e non è morta, e così la vita è finita. Solo un collega p (osuit).
Agli spiriti dei defunti. Per Candida, la mia meritevolissima moglie, di circa 30 anni, che ha vissuto con me per circa 7 anni, che è stata torturata nel tentativo di partorire per 4 giorni e non ha partorito ed è quindi morta. Iustus, suo compagno di schiavitù, eresse (sc.questo memoriale).
Altrettanto straziante è la storia riportata in un memoriale di Sarnum/Sarno, dedicato a una donna di nome Orestilla dal marito, il quale menziona anche che lo fa contro ciò che aveva promesso agli dei nel caso in cui non avessero risposto alle sue preghiere,contro la sua volontà(CILX 1112 =ILCV4363):
Felix Orestilla qu(a)e | felicemente Crispino Euodio | si è sposato in tenera età Morì infelicemente quando fu portato fuori. | marito pientiss(imus) ucsori s(uo) | b(ene) m(erenti) fatto | contro la sua volontà.
Per fortuna Orestilla [piuttosto che Felix Orestilla], che, per fortuna, era sposato con Crispino Euodio, morì purtroppo, appena uscito dal parto. Il suo rispettosissimo marito fece fare questo per la sua meritevole moglie, anche se le sue preghiere non furono esaudite.
Una storia simile è nota per una Aeturnia Zotica di Ankara, che fa espresso riferimento al concetto di abbandono materno (Galatia;CILIII 272 cfr. P. 975 =III6759 =IL1914; Immaginedisponibile qui):
D(is) M(anibus) (sa)c(rum). | Eterniae Zotic(a)e | Annio Flaviano | dec(urial) littore Fufid(i) | Gamba(ati) di Pollion della Galazia | coppia b(ene) m(erenti). vissuto | anno/i 15 mese/i 5 | Giorno 18 Quale prima consegna dopo | lasciando il 16 | È morto per suo figlio.
Sacro agli spiriti dei defunti. Per Aeturnia Zotica: Annius Flavianus, littore decuriale di Fufidius Pollione, legato di Galazia, per la sua benemerita moglie. Ha vissuto 15 anni, 5 mesi, 18 giorni. Morì 15 giorni dopo il suo primo parto, con il ragazzo lasciato alle spalle.
Pur aggiungendo un senso di dolore, tragedia e impotenza al loro resoconto, i testi di queste tre iscrizioni rimangono relativamente fattuali, fino al livello dell'elenco (presumibilmente) fattuale del numero di giorni che sono stati coinvolti quando gli incidenti si sono svolti.
Tuttavia, non ci sono solo resoconti prosaici di tali esperienze: sono state ricercate anche forme poetiche di espressione, offrendo i vantaggi del rifugio e della consolazione nell'artificio e in un mondo in cui il trauma diventa controllabile attraverso la narrativizzazione e l'incomprensibile diventa comprensibile attraverso una struttura di supporto di immagini familiari.
Solo molto raramente gli approcci poeticizzanti rimangono così brevi e concreti come il seguente brano da Salaria/Ubeda la Vieja (Hispania citerior;HEp4,495 =HEp5,526 =AE1991.1076 =AE1994.1060):
Twin D(ecimi) Pu-
blici Subici ser(va) an(norum)
XXV h(ic) s(ita) e(st). obi(i)t dentro
alla nascita C(aius) Erariu [s l(libero)]
ha messo il [ci]ppum papà-
[rca fuer] come a me se quello
diavolo mi conosci[e]
porteresti via se io
l'amore fa abd[u]-
caso ti sia lieve la terra).
Qui è sepolta Gemina, schiava di Decimus Publicius Subicius, di 25 anni. È morta di parto. Caio Aerario, liberto, fece erigere questo cippo. Eri parsimonioso. Se gli dei degli inferi avessero qualche ragione nei miei confronti, mi porteresti via con la forza. Se mi amavi, portami via. Che la terra ti sia lieve.
Sembra che la parsimonia di Gemina fosse raffigurata nella formulazione del testo stesso (una forma di arte verbaleconosciuto anche da altri casi), lasciando poco spazio al lutto.
Questa, tuttavia, è un'eccezione.
Il singolo caso più notevole (a mio avviso comunque) è un'iscrizione gravemente danneggiata, ma plausibilmente restaurata, proveniente da Salona/Solin in Dalmazia, che esprime il trauma e il dolore in tutta la sua forza non diluita (CILIII 9632 cfr. P. 2326 =CLE1438a-b =CLE2133a =ILCV2368 aggiungere. =GIORNO3.2420):
[Ehi, anche se esitiamo]
sca[lpere versus],
come quelli che
[siamo fatti] quindi [ogni lutto si rinnova in]
soffio,
eppure abbiamo il coraggio di emetterli
sospiro
da destra [- – -]
– – – – – –
[- – – g]e[n]itam.
[a lui concedi un tranquillo riposo] possa Dio onni-
[il potente] re [nella sua anima] sta bene dopo la morte.
[ha preso molte cose molto avverse] s scomode
[infelice, miserabile] è la fine distrutta da cosa
[quarant'anni] dopo la tras-
[giocato nell'età].
[Sono morto] in un parto pesante, ahimè, triste
Non è stato in grado di dare alla luce un feto miserabile.
una sete che non è stata ancora spenta dalla luce,
e così entrambi i gemelli sono gemelli con il corpo
precipitoso
felice (!) selvaggia [transtu]ora illuminata.
ma abbiamo pianto la nascita di un coniuge
e suoceri
abbiamo preparato questa canzone per te con le lacrime.
Guai a noi! Anche se, esausti, esitiamo a scrivere questi versi (poiché, commossi da questo triste funerale, la nostra tristezza si rinnova così ad ogni colpo [sc.del martello/scalpello]!), osiamo ancora rendere pubblico questo, insieme al nostro lamento… [qui mancano diverse parole] … figlia.
Possa Dio, il re onnipotente, concederle un sereno riposo e possa essere ben disposto verso la sua anima innocente dopo la sua morte.
Sventurata, sopportò molti disagi in un mondo troppo duro, e morì anche lei di una morte miserabile, dopo essere sopravvissuta a quarant'anni di vita. Quando era incinta, guai a noi! la tristezza!, nel parto calamitoso non poté partorire, col parto, il misero rampollo, il quale partì, morto, prima ancora che riuscisse a vedere la luce, e così una morte precipitosa in un'ora funerea prese le anime doppie con un corpo raddoppiato.
Ma noi, marito e figli e genero, vi regaliamo questa poesia in lutto, insieme alle nostre lacrime.
Incastonato in righe di apertura e chiusura che si riferiscono all'artificio di un poema inscritto, paragonando il processo energico di scolpire la pietra all'infliggere dolore a se stessi, e diviso da un'invocazione centrale di Dio Onnipotente, il poema riflette sulla vita della figlia (frammentato ) e le particolari circostanze della sua morte.
La sofferenza della defunta durante tutta la sua vita culmina in una straordinaria morte per parto. La consegna (puerperio) è descritto comefatale– alludendo alla morte e alla sepoltura, un ossimoro grottesco e oltraggioso in concomitanza con il processo della nascita. Un'antitesi simile è contenuta nell'idea che la prole sia morta prima ancora di vedere la luce del giorno.
Nell'espressione si coglie una particolare gemma verbaleSono un gemello con un corpo…animas, due anime e due corpi sono stati strappati via, ma mentre le due anime sono chiaramente separate (al plurale), il corpo è ancora percepito come uno (al singolare), e quindi descritto come raddoppiato.
Un'idea simile è espressa in un poema di Tusculum, risalente al I secolo d.C., spingendo l'idea ancora un po' oltre (CILXIV 2737 =CLE1297):
Rhanid Sulpicia l(libero)
delizioso.
è nata in un breve lasso di tempo, soggetta al parto e non prima
il busto testimonia il triste destino di Rhans.
perché non aveva ancora compiuto due ottant'anni
ed è stata strappata alla vita, strappata all'infanzia.
tomba del paziente due funerali in un solo corpo,
Il funerale dei gemelli ora ha una delle ceneri. ||
Sulpicia di Trione
Rani
Per Rhanis, liberta di Sulpicia, nostra delizia.
Nata da poco, non abituata a nascere prima, Rhanis testimonia un triste destino sulla sua pira. Perché non aveva ancora compiuto sedici anni ed è stata strappata via dalla sua vita, strappata via durante il parto.
La tomba di questo genitore contiene due sepolture in un unico corpo, un mucchio di ceneri i resti di due.
Sulpicia Rhanis, liberta di (Sulpicia) Trio.
Di chi è la colpa?
Proprio come la sua controparte tuscolana, la poesia di Salona/Solin non sembra porre questa domanda. La vita era dura per il defunto e lei era sfortunata (infelice) – un atteggiamento riflesso in un'iscrizione di Satafis/Ain el Kebira nella provincia della Mauretania Caesariensis (CILVIII 20288 =CLE1834 =ILCV3436):
D(è) M(anibus) s(diesis).
Rusticia
Matrona
v(xit) a(nnos) 25
la causa della mia morte è stata una nascita fatale [e malvagia].
smettila di piangere per me kariss [nome sposa]
[e] mantenere il nostro amore comune.
[- – – al cielo] lo spirito delle stelle è passato
[- - -] moglie [- - -].
Sacro agli spiriti dei defunti.
Rusticia Matrona [O:la matrona] visse 25 anni.
La causa della mia morte è stata il parto e il destino dispettoso. Ma tu smetti di piangere per me, mio amatissimo marito e presta attenzione all'amore del nostro comune figlio. La mia anima è andata alle stelle in paradiso [quanto segue non può essere tradotto/interpretato; tutto ciò che rimane visibile è la parola "moglie"].
Coloro che sono rimasti indietro nell'iscrizione di Salona/Solin si immaginano di avere difficoltà a venire a patti con l'incidente: la memoria è dolorosa, e l'atto di ricordare riapre ferite che a stento si rimarginano: il dono della poesia è insieme alle lacrime dolorose dei sopravvissuti, forse sperando di trovare un mezzo per contenere e compartimentare il loro dolore in futuro, dopo che questo atto di dovere e ricordo sarà stato compiuto.
Simili espressioni di dolore si ritrovano in una poesia ritrovata nella città di Roma, che però è un po' meno preoccupata di ogni tentativo di riflessione sulla dualità della vita e della morte e sulla tragica ironia del ritrovamento delle due giustapposto: invece, cerca rifugio nell'arte per l'arte, come sottolinea infine la poesia stessa (CILVI 28753 cfr. P. 3536 =CLE108 cfr. P. 854; Immaginedisponibile qui):
Veturia Grata.||
vora rimane indugiante, tu che vai per la tua via,
Epoi leggi gli sfortunati incidenti:
TRebius Basilius, il coniuge di ciò che ho scritto, era addolorato,
vt potresti conoscere le scritte del baule sottostante.
REra una brava (!),
IOun semplice innocuo che non manterrà mai un trucco,
UNHa vissuto 21 anni e 7 mesi
Ge mi partorì tre figli, che lasciò piccoli,
RMorì all'ottavo mese della sua quarta gravidanza.
UNOra guarda le teste tonanti dei tuoi avversari,
TVi prego di leggere volentieri il meritorio libro:
UNConoscerai il nome del mio amato sposo.
Veturia Grata
Forse prenditi una pausa ora e riposati, mentre stai per intraprendere il tuo viaggio, e leggi le svolte avverse del destino di qualcuno che soffre: io, Trebio Basileus ho scritto questo, nel dolore, affinché tu possa imparare gli scritti , sotto, direttamente dal mio cuore.
Era ornata dei suoi doni di bontà, innocente, semplice, che non progettava mai l'inganno: visse 21 anni e 7 mesi e diede alla luce tre miei figlioletti, che lasciò: morì, il suo utero si riempì di nuovo, per la quarta volta, nell'ottavo mese.
Ora guarda sbalordito l'inizio dei versi, leggi volentieri, chiedo, l'iscrizione di qualcuno che lo merita: imparerai il nome della mia cara moglie [o, a causa digioco di parole con l'etimologia del nome:mia moglie Grata].
La morte materna non significava necessariamente anche la morte del bambino, come mostra la successiva iscrizione del III secolo proveniente da Alba Fucens nel Sannio (CILIX 3968 =CLE498):
D(is) M(anibus) [s(acrum)].
Edia [- – -].
Questo contiene un cadavere [pianeta natale, in città]
che sposò Roma, malata [ma annerita dalla frode]
dopo anni venendo a vedere La[ris arua paternal]
la sfortunata donna incinta si innamorò della ragazza
è misera e amareggiata [quando cade]
e piange i suoi poveri [con la prole che ha lasciato]
e ha preso Elysium in ventiquattro anni.
Eutiche e Hi[- – -].
Sacro agli spiriti dei defunti.
Ad Aedia
Questa terra, terra di nascita, custodisce una donna defunta, che si sposò nella città di Roma, ma, truffata da un male oscuro, mentre visitava dopo anni il regno della casa paterna, morì, sventurata, incinta : lei, misera, partorì una sana fanciulla, e amaramente cadde morta, lasciando la sua famiglia, insieme con la sua prole, in lutto, e si trasferì negli inferi a ventiquattro anni.
Eutiche e Salve.
Incolpando l'inganno di una "malattia oscura" (morbus ater), i parenti di Aedia propongono la narrazione di una donna divisa tra la sua terra natale (Alba Fucens) e la città di Roma, dove si sposò, facendo coincidere il suo ritorno in patria con la morte in piena gravidanza – eppure la bambina, una ragazza, poteva essere salvato ed era sano.
La vicinanza disenza vita("donna deceduta") ePaese di nascita(‘terra di nascita’ – per inciso non solo per Aedia, ma anche per sua figlia!), se restaurata correttamente, nella prima riga è piuttosto sorprendente.
Il concetto di abbandono materno (di nuovo: se il testo è stato restaurato correttamente!) occupa un posto di rilievo, mescolando espressioni di pietà (infelixs, 'sfortunato',misera, "miserabile") con immagini di inganno e amarezza(frodi,'imbrogliato',amaro'amaramente').
L'espressione più toccante della disperazione per l'abbandono materno, tuttavia, si trova in un'iscrizione di Cartagine, che commemora Daphnis, una schiava che viene presentata come interferente con i piani del suo padrone riguardo alla sua vita su più livelli (CILVIII 24734 =CLE2115 =ILTun987; Immaginedisponibile qui):
Daphnis, io sono la sposa di Hermes, reso libero;
quando il maestro volle che fosse il primo (m)libro di Hermes,
Sono stato creato prima del destino, sono stato rapito prima del destino.
quello che ho preso che ho gemito, ho lasciato spesso mio marito gemere,
che ho dato la mia vita contro la volontà del mio signore al prossimo nato.
Chi è nato adesso? Chi serve lunga vita?
Io Styga che mi ha portato via così in fretta il resto dell'eni(m)a(d?).
Ha vissuto una vita pia per 25 anni. h(ic) s(ita) e(st).
Io, Dafni, moglie di Ermes, sono stata liberata. Mentre il mio padrone voleva prima liberare Hermes, io sono stato liberato prima, dal fato, sono stato strappato via prima, dal fato. Abbracciando ciò che ho pianto, ho lasciato mio marito con frequenti lutti, poiché proprio di recente ho dato alla luce un figlio, contro la volontà del mio padrone. Chi nutrirà ora il figlio? Chi si prenderà cura di lui per tutta la sua vita? Perché la morte mi ha strappato così rapidamente agli dei celesti.
Ha vissuto diligentemente per 25 anni. È sepolta qui.
Il senso di realismo dietro questa iscrizione: lodare il defunto come rispettoso(pia),eppure chiedere una risposta alla domanda su chi dovrebbe prendersi cura del ragazzo che il padrone non ha voluto può sembrare brutale. D'altra parte, ai giorni nostri i datori di lavoro sembrano avere un vivo interesse per la questione se i loro dipendenti intendano diventare genitori, concentrandosi sul costo economico (per loro!) del miracolo della vita e sulla necessità di assistenza all'infanzia.
I proprietari di Margarita non sembrano aver pensato in questo modo, il che potrebbe suggerire che neanche il cucciolo (o i cuccioli) siano sopravvissuti.
La principale differenza tra l'epitaffio del cane e tutti gli altri testi che sono stati presentati qui è, tuttavia, che i proprietari di Margarita erano gli unici che, nonostante la loro perdita, si sentivano come se potessero concentrarsi sul tempo delizioso che avrebbero trascorso con il loro compagno canino. – un aspetto vistosamente assente da tutte le poesie qui presentate scritte per le donne, che tragicamente persero la vita durante il parto.
Come mai?
Si scopre che Margarita, nonostante tutto quel linguaggio umanizzante usato nel suo epitaffio, dopotutto era "solo un cane".